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Paride Allegri: dalla resistenza
alla nonviolenza
Giovane sottotenente dell’aviazione, Paride Allegri l’8 settembre 1943 si
trova a fronteggiare il disorientamento di superiori e sottoposti di fronte
all’armistizio con gli Alleati. I “camerati” nazisti diventano
improvvisamente nemici e truppe di occupazione; l’esercito italiano, lasciato
senza guida dal re e dal generale Badoglio che fuggono a Brindisi sotto la
protezione degli americani, è allo sbando: chi fugge nel tentativo di tornare a
casa e salvare la pelle, chi viene ucciso dai nazisti, chi fatto prigioniero e
deportato nei campi di concentramento, chi, infine, si unisce alle prime bande
partigiane. Paride è tra questi. Lascia il ferrarese, dove si trova la sua
caserma, e raggiunge in bicicletta Collagna, suo paese natale sull’Appennino
reggiano. Nel volgere di un paio di mesi fonda nella sua zona i primi nuclei
partigiani. Subito gli viene affidato l’incarico di guidare i partigiani della
pianura fino al Po ed infine di organizzare e guidare la resistenza
dell’intera provincia di Reggio. Fino al 25 aprile comanda una brigata di
circa tremila uomini, con vari nomi di battaglia (Veltro, Atomo, Sirio, Juris).Sfugge
innumerevoli volte alla morte ed agli agguati dei nazifascisti e tuttavia la sua
condotta di comandante partigiano è improntata al rispetto dell’uomo che
veste la divisa del nemico. La necessità di liberare l’Italia dall’orrore
nazista non gli impedisce di cercare, quando possibile, di colpire le strutture
piuttosto che le persone. Centinaia di operazioni sono azioni di sabotaggio: dal
tagliare i fili del telefono all’invertire la segnaletica stradale, al vuotare
i magazzini di cereali e formaggio da distribuire ai contadini. Nel dopoguerra
si impegna con l’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) ad
organizzare fabbriche per la ricostruzione, mense popolari e la scuola popolare
“Rinascita”. Nel 1948 si trasferisce per due anni in Sicilia dove sostiene
il movimento di occupazione delle terre ed aiuta, da perito agrario, lo sviluppo
dell’agricoltura. Nel ’51 ritorna nell’aviazione, ma dopo tre anni lascia:
è maturata definitivamente la convinzione antimilitarista e nonviolenta. Per
venti anni si occupa del verde pubblico per il Comune di Reggio Emilia ed
approfondisce e sperimenta le tecniche biologiche e biodinamiche in agricoltura.
Si avvicina intanto al MIR – del quale diventa uno dei punti di riferimento
nazionali – e, nel ’78, costituisce Ca’ Morosini, un luogo di vita
comunitaria sull’Appennino reggiano dove, negli anni, decine di giovani di
tutta Europa si sono fermati a sperimentare uno stile di vita sobrio e
sostenibile. Nel 1985 è tra i fondatori dei Verdi, per i quali diventa
consigliere comunale e dopo i primi venti mesi, per il principio della
rotazione, si dimette: sarà l’unico. Le mobilitazioni contro la guerra lo
vedono sempre in prima fila fino alla guerra nel Kosovo, durante la quale –
alla fine di un digiuno di 24 ore svolto sotto il portico del municipio di
Reggio – cade e subisce una brutta frattura che lo tiene per qualche mese
inattivo. Ma il 1° gennaio del 2000, all’età di 80 anni, inaugura il Centro
per la riconciliazione tra i popoli, il disarmo universale, l’armonia del
creato: la sua nuova battaglia.
Pasquale Pugliese