e
di Galli
Caterina 5^B
anno
scolastico 2007/2008
Introduzione
Il testo parla del ruolo che ha la musica nella
realtà esistente e nell’universo, non solo come materia artistica finalizzata al
piacere dell’ascolto, ma soprattutto come materia fondatrice della realtà.
Con questo elaborato voglio portare alla luce il
ruolo che la musica riveste nella creazione del mondo, della vita e la sua
esistenza all’interno di tutte le cose appartenenti alla nostra realtà.
Voglio portare in rilievo la possibilità della
musica di essere il substrato di tutte le cose, dall’essere umano, alla natura,
alle stelle, all’universo ecc…e aprire, così, un angolo di riflessione che
ognuno è invitato a ricercare personalmente.
Questa riflessione che si vuole intraprendere, non
vorrà essere solo teorica e improntata su ipotesi vaghe, ma ricercata e
approfondita attraverso la rilevazione di studi antichi e ricerche
scientifiche, anche attuali, della materia.
La musica, dunque, può essere sinonimo di vita? Può
essere il noumeno tanto ricercato? Può essere il ritmo sul quale Dio ha creato
e articolato l’universo? Può essere la legge matematica universale che noi
tutti stiamo aspettando?
E in ultimo: la musica esiste in conseguenza della
realtà, o è la realtà che esiste in sua causa?
Le origini della parola “musica” derivano
etimologicamente da “musa”, ovvero tutto ciò che è bello e perfetto.
Essa è l’arte di combinare i suoni in modo che essi
suscitino stimoli di tipo psico-fisico (come immagini o stati d’animo)
attraverso il senso dell’udito.
Nacque inizialmente dalla parola, come matrice del
canto (musica vocale), quindi accompagnò le prime danze e i primi strumenti
musicali (musica strumentale), per poi fondersi con la rappresentazione
scenica, divenendo musica teatrale e drammatica.
Da un punto di vista fisico la musica si propaga
attraverso le onde sonore e presenta le caratteristiche del tono, del timbro, dell’intensità
e della durata.
Il rapporto matematica-musica
La musica, oltre ad essere l’arte unificatrice di
tutte le arti, e per tale motivo – forse- arte “suprema”, è altresì scienza
perfetta che deve necessariamente sottostare a leggi di tipo matematico e
fisico. Di fondamentale importanza, sia per una migliore comprensione
dell’argomento, sia per una questione storica, è dunque il rapporto
matematica-musica. Più precisamente si parla della progressione armonica delle
note musicali occidentali, da attribuirsi al matematico e filosofo Pitagora
(nato presumibilmente attorno al
Secondo costui la sequenza musicale che noi tutti
conosciamo (DO RE MI FA SOL
Pitagora credeva che
l'universo fosse, similmente, un immenso monocorde che collegava il cielo con
la terra. L'estremità superiore della corda era legata allo spirito assoluto,
mentre l'estremità inferiore era legata alla materia assoluta.
Esaminando gli intervalli creati dalla divisione
dello strumento in numeri interi, Pitagora ne dedusse che tutti questi rapporti
numerici, come 2:1, 3:2, 4:3, sono dimostrazioni dell'armonia e dell'equilibrio
che si possono osservare in tutto il mondo.
Attraverso lo studio della musica come una scienza esatta, diveniva
possibile conoscere tutti gli aspetti della natura, dal macrocosmo al microcosmo.
In conseguenza egli applicò le sue leggi sugli intervalli armonici a tutti i
fenomeni naturali, dimostrando la relazione armonica insita in elementi,
pianeti e costellazioni.
Alla musica, inoltre, furono attribuiti diversi
legami con la sezione aurea.
La sezione aurea si indica come il rapporto tra due
grandezze disuguali, di cui la maggiore è medio proporzionale tra la minore e
la loro somma [(a+b) : a = a : b]. Tale rapporto è un numero irrazionale (1.618),
dal quale la mente umana è sempre stata affascinata, per le sue frequenti
presenze in differenti contesti naturali, tanto che gli si è attribuito
significato di bellezza, perfezione e armonia. Un’armonia che ancora tutt’ora
l’uomo ricerca e tenta di ricreare.
Sul piano compositivo si può riscontrare la
presenza della sezione aurea nella durata delle pause o di un brano, nel numero
di note o di battute ecc…ma non sempre i tentativi di ricercare tale “anomalia”
sono esaurienti e, molte volte, si rischia di andare incontro a facili entusiasmi
dovuti a fraintendimenti numerici.
Tra i molteplici esempi di musicisti che hanno
utilizzato la sezione aurea nelle loro composizioni possiamo ricordare Bartòk e
Debussy.
Addentriamoci, con tali premesse tecniche, in uno
studio più approfondito della storia, principalmente filosofica e culturale,
della musica e dei suoi utilizzi che il più delle volte possono essere
attribuiti a scopi religiosi, mistici e metafisici.
La filosofia è un linguaggio universale che nasce
dallo stupore di fronte al mondo e, come tale, è un atteggiamento innato in
ogni uomo. È ad essa che l’uomo attribuisce il compito di unificare tutto il
sapere. Alla musica, a sua volta, è stato definito il ruolo di un’arte
differente dalle altre: è un’arte-scienza, che racchiude in sé (forse) il
mistero dell’universo.
Mitologia
e misticismo della musica attraverso le civiltà antiche.
La musica è vista con occhi diversi da una
all’altra cultura, ma c’è da rilevare che, in qualunque caso, essa è sempre
stata considerata come uno dei più alti gradi di conoscenza e, come tale,
tenuta in grande considerazione.
In generale la musica riesce a racchiudere un
sapere (sia materiale che metafisico), che ci aiuta a comprendere la realtà in
cui viviamo e a conoscere le leggi dell’universo, anzi, in alcuni casi di
antiche civiltà, la musica è identificata come creatrice dell’universo stesso, Bene
supremo, purezza e fonte ancora inesplorata di conoscenza.
1. La tradizione indiana.
Vi sono, infatti, culture filosofiche come quella
indiana, per la quale l’universo è stato creato da una primigenia tesi, fatta
di principi musicali, dalla quale poi il mondo si discosta gradualmente. La
musica è identificata come simbolo di Bene e Verità, mentre il mondo (sua
antitesi) come Male. Per tale motivo essa, come noi la conosciamo, non è
considerata dagli indiani come rivelatrice di una conoscenza più ampia, bensì
come una “conoscenza di una non conoscenza” del mondo che ci circonda e dei
suoi misteri. L’unica via di salvezza è il tentativo, attribuito alla filosofia,
di negare il mondo terreno e tendere nuovamente alla musica pura, creatrice del
tutto.
La teoria musicale indiana si fonda su 7 suoni
intonati (gli svara) e 3 scale
musicali fondamentali (i grama).
Attraverso i diesis e i bemolle si creano diversi “modi” (i raga). Ogni grama e ogni raga ha una
connotazione relativa al proprio stato emotivo e alla propria intellettualità.
Il significato filosofico della musica, che nella
tradizione dell’India classica è la decisiva chiave di lettura del mondo, si
rende chiara nella tavola delle connessioni tra gli svara e la realtà. In ogni giorno si rispecchia un’era del mondo,
un elemento della natura, un connotato sessuale, un corpo celeste.
Secondo i testi della tradizione induista che
trattano dell’origine del mondo, si legge che prima di esso, anzi, prima
dell’esistenza stessa, era presente un ente ideale, una pura potenza luminosa e
trasparente, quale il suono. Nella fase dell’universo prima del tempo, però, la
musica non è ancora linguaggio comunicabile come la parola, bensì essa è
perfetta e inudibile in quanto non scandita dal tempo, in quanto ancora
inesistente.
Nel momento in cui compare per la prima volta la
paura, ecco allora che il suono si offusca e nasce il linguaggio articolato nel
discorso, il parlato umano. Dunque la parola non è altro che l’unione, la
sintesi tra suono e tempo.
Diversamente, per una seconda narrazione, esiste
solo un universo buio e pieno di suono, un suono chiaro, diffuso e aperto, che
si può identificare con la vocale A.
Una certa materia, ancora fluida e indistinta,
inizia a formarsi e ad essere visibile. La sua visibilità oscura il suono, il
quale diviene più cupo (vocale U). Infine, durante la creazione, la materia si
fa solida, la luce brucia il buio e il suono si spegne, riducendosi a solo
brusio (consonante M). L’eternità viene oscurata dal tempo.
Le tre lettere AUM
formano una sillaba sacra, che nella tradizione diventa OM, simbolo di sintesi dell’universo nato dalla musica.
2. La tradizione egiziana.
Nell’antica civiltà egizia era di particolare
rilievo il mito della creazione del mondo. Un mito nel quale la musica è
protagonista in qualità di creatrice, non del mondo in assoluto, ma come di uno
dei possibili modelli.
Fra i simboli fondamentali dell’antico Egitto c’è
l’udjat (anche chiamato occhio di Ra), una parola che significa
occhio di suono.
Il mito narra che Seth (dio del male), strappa un
occhio a Horus (il dio falco), il quale, privato del suo organo essenziale,
cade a pezzi. Thot (dio della sapienza), vuole ricostruire il corpo di Horus
per ridargli la vita, quando si accorge della mancanza dell’occhio, senza il
quale l’opera rimarrebbe incompiuta. Nel cercarlo viene colpito da una musica
misteriosa, che lo riporta fino alla parte ultima del corpo di Horus. Thot si
accorge che la musica proviene dall’occhio, o meglio, l’occhio era la fonte di
tutta la musica esistente.
In altri termini, si comprende che, per gli antichi
egizi, tutta la realtà era effettivamente vivente e che la musica ne era
l’essenza intima: il substrato.
Quando essa si trova nel suo luogo “naturale”,
ovvero intrinseca nelle cose, non può essere udita, proprio perché essa è là
dove deve essere e ne rispecchia l’armonia assoluta. Per tale motivo la
musica-suono, come si sente nel reale, rappresenta trauma, disordine o
addirittura morte, proprio perché essa viene sottratta dall’organismo vivente
per essere diffusa nel mondo.
In conseguenza di ciò, la musica veniva utilizzata
nei riti funebri come un richiamo alla vita, come tentativo di ricordare ai
presenti l’esistenza del piano spirituale.
L’essere vivente, in conclusione, è la parte
visibile, la rappresentazione materiale del suono stesso.
E come avrebbe avuto origine il mondo, secondo
l’antico Egitto?
Probabilmente dalla Parola, ovvero, dalla musica.
Gli egizi si riferivano ad un grido, ad una risata articolata su 7 note
musicali crescenti, appartenenti al dio Thot. Da questi scoppi di risa nascono
7 realtà divinizzate (quali la terra, il destino, il giorno, la notte ecc…).
Il numero 7 è un modello simbolico e mistico di
perfezione e il suo utilizzo veniva praticato sia nelle arti musicali, sia in
astronomia, che in alchimia e nei calendari.
Infine, chi avrebbe creato Thot, creatore del
mondo?
Sempre secondo la mitologia egizia, egli si sarebbe
autocreato, per cui la musica creerebbe se stessa. Infatti, essendo gli uomini
e il mondo, immagine della musica, e fatti di musica stessa, ogni qual volta
l’essere umano compone musica sulla terra, essi imitano la divinità riproponendo
all’infinito l’atto della creazione.
3. Platone.
La teorizzazione della sublime ed eterna musica
posta al vertice del mondo è racchiusa nel racconto del mito di Er, posto a
conclusione del decimo libro della Repubblica.
Conversando con Glaucone, Socrate esordisce
raccontando la storia di un giovane valoroso che per disgrazia morì in guerra.
Dopo dieci giorni vennero raccolti i corpi dei caduti e il corpo di costui
apparve intatto, al che venne raccolto e portato a casa per poterlo seppellire.
Dopo dodici giorni egli ritornò in vita e riferì ciò che aveva visto “di là”, in particolare “una luce simile all’arcobaleno che tiene insieme tutta la circonferenza
del cielo”.
Il guerriero risorto raccontò del suo particolare
viaggio tra la vita e la morte, rappresentando nei dettagli la struttura
dell’universo:
“ […] alle estremità
del cielo è sospeso il fuso di Ananke, la divinità che rappresenta
Il fusaiolo è formato
da otto vasi concentrici, messi uno dentro l’altro, e ruotanti in direzioni
opposte. Su ogni cerchio stà una Sirena, che emette un’unica nota, e le diverse
Sirene tutte insieme producono ruotando un’armonia. Gli otto fusaioli
rappresentano gli otto cieli concentrici della cosmologia antica, nell’ordine
pitagorico: stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna.
Il fuso gira sulle ginocchia di Ananke”.
Il Fuso della Necessità. A: uncino: B: stelo; C:
cocca; D: fuso; E: cercine del fuso
Infine
Platone scrive che, essendo otto i circoli e otto le Sirene, da tutte sorge
un’unica armonia come quella dell’ottava, che si considera composta di otto
estremi e sette intervalli, cosicché la potenza delle Sirene è associata alle
note, che rendono l’ottava l’accordo perfetto e gli intervalli fra una e
l’altra sono disposti secondo l’ordine che esse osservano.
Essendo
questa la rappresentazione di una realtà suprema si può dire, quindi, che essa sia
il modello universale di ogni musica terrena.
Il rapporto tra suoni musicali e movimento dei
corpi celesti, ha trovato nel tempo larga analisi in una pluralità di
pensatori.
Ricordiamo innanzi tutto il già citato filosofo
greco Pitagora, per il quale la relazione armonica poteva applicarsi al moto
dei pianeti e costellazioni.
Pitagora parlò, a questo proposito, di "Musica
delle Sfere". In particolare pensava che i movimenti dei corpi
celesti che si spostavano nell'universo producessero suoni percepibili da chi
si era preparato con coscienza ad ascoltarli.
Platone, invece, enumera le serie di suoni musicali
in corrispondenza con la serie dei corpi celesti. A ciò lega la corrispondenza
di un terzo elemento attribuibile ad una sostanza naturale (come l’acqua, il
fuoco, ecc…), in modo da creare così tante possibili terne
suono-astro-sostanza.
Sempre in quest’ambito, il filosofo indiano
Sarngadeva fondò, circa settecento anni fa, la prima compiuta teoria musicale
nella quale viene ricostruito uno zodiaco musicale in cui, ad ogni segno,
corrispondeva un suono; infatti si ritiene che nei nomi stessi degli astri sia
racchiusa l’armonia musicale.
Schneider, poi, raggruppa le dodici costellazioni
sotto i quattro punti cardinali, quattro segni fissi e quattro mobili:
Infine il filosofo immagina che ogni pianeta abbia
lo stesso suono del segno zodiacale associato al proprio pianeta “madre”:
Ora, prendendo ad esempio il seguente e ultimo
schema, in relazione al racconto mitologico egizio di Er, possiamo provare a
immaginare e ricostruire la sinfonia dell’accordo universale.
Queste concezioni sopra citate sono state riprese
recentemente da studiosi, i quali hanno accertato che, nel nostro sistema solare, ogni pianeta esegue una nota.
Trattandosi di frequenze
molto basse, le note "suonate" dai pianeti del nostro sistema solare,
risultano ben lontane dalla soglia dell'udibilità ed, in ogni caso, il vuoto quasi assoluto che si pone fra noi e loro ne
impedirebbe la percezione. Tuttavia, forse per una strana coincidenza, i
pianeti del sistema solare eseguono una melodia che potrebbe ricordare una
delle progressioni armoniche più semplici e diffuse nella musica: tonica, sottodominante,
dominante, tonica.
pianeta |
Nota |
intonazione |
accordatura |
ottava |
MERCURIO |
DO diesis |
crescente |
+33 cent |
ottava -29 |
VENERE |
LA |
crescente |
+10 cent |
ottava -29 |
TERRA |
DO diesis |
calante |
-31 cent |
ottava -30 |
MARTE |
RE |
calante |
-25 cent |
ottava -31 |
GIOVE |
FA diesis |
calante |
-13 cent |
ottava -34 |
SATURNO |
RE |
crescente |
+12 cent |
ottava -35 |
URANO |
SOL diesis |
calante |
+1 cent |
ottava -37 |
NETTUNO |
SOL diesis |
crescente |
+32 cent |
ottava -38 |
PLUTONE |
DO diesis |
crescente |
+26 cent |
ottava -38 |
L'armonia planetaria non è una visione irreale, o in qualche modo
irrazionale, di interpretare il moto dei pianeti, ma al contrario un concetto
basato su leggi fisiche. Il principio è semplice: ad ogni corpo con un
oscillazione periodica regolare corrisponde una frequenza (in oscillazioni al
secondo) e quindi una precisa nota musicale.
La tastiera raffigurata
in alto nella figura, è un'ipotetica tastiera di 12 ottave dove possono essere
collocate le frequenze di oscillazione dei pianeti. Per poter arrivare a delle
frequenze udibili, dovremmo all'incirca triplicare l'estensione di questa
tastiera (come raffigurato nella parte bassa dell'immagine) per poi finalmente
accostare un pianoforte a coda reale.
La musica, quindi, apparterrebbe ad ogni cosa
esistente: dalla creazione (Dio stesso?), all’universo, alla disposizione e al
movimento dei singoli pianeti; ma anche alle piante e alla natura stessa
dell’uomo.
Nel tentativo di giungere a questa dimostrazione, hanno
indagato diversi studiosi tra i quali il biofisico dell’Università di Davis,
David Deamer, il quale fu il primo a tradurre il DNA in musica, ricopiando le
sequenze delle quattro unità chimiche che ne formano la molecola. Ogni unità di
DNA rappresenta un’aria musicale autonoma e ogni molecola che determina le
caratteristiche genetiche di ciascun individuo varia da persona a persona,
creando, così, infinite sinfonie. La musica, quindi, è prodotta dalle
vibrazioni, dai movimenti dello stesso DNA. Questo suono è stato ribattezzato
“Il suono della vita”.
Una vita che è non solo fatta di musica, ma è fortemente
influenzabile da essa. Lo notiamo tutti i giorni quando ci soffermiamo ad
ascoltare un brano musicale particolarmente orecchiabile e ne veniamo attratti,
quasi indotti a seguirla, riprodurla, accompagnarla.
Perché tutto questo? Perché veniamo
irrimediabilmente attratti dal ritmo?
La scienza conferma l’effetto del suono sulla
crescita dell’uomo in età fetale e, di conseguenza, l’importanza fondamentale
dell’esperienza sonora prenatale.
Gli studiosi si sono chiesti se il feto sia in
grado di percepire gusti, luci, colori, suoni, se può avere esperienze tattili
e a quanti mesi tutto questo può avvenire. Le sperimentazioni a tale proposito
sono state positive: il feto, essere già completo e dotato di facoltà sensoriali,
può essere in grado di interagire con il mondo interno ed esterno al corpo
della madre.
Il primo stimolo in assoluto che il bambino è in grado
di percepire è quello sonoro. Il feto, infatti, a soli quattro mesi di vita è
già in grado di sentire e reagire a suoni o rumori che gli vengono indirizzati.
Questi dati potrebbero già bastare per sottolineare il livello di importanza,
assegnato dalla natura, all’esperienza acustica e musicale per lo sviluppo
fetale.
Alfred Tomatis (1920-2001), otorinolaringoiatra
francese, scrisse un libro a questo proposito: “La notte uterina”. Qui egli
afferma come l’ascolto sia una facoltà sensoriale importantissima.
Molti, infatti, sono i suoni che associamo
inconsciamente al ricordo della vita prenatale, come i suoni legati allo
scorrere dell’acqua.
Il suono che più di tutti rimane impresso, però,
nel neonato è quello della voce materna, poiché essa raggiunge il piccolo per
via diretta, attraverso la vibrazione ossea della colonna vertebrale.
Gli altri suoni percepiti attraverso la parete
addominale della madre possono incidere sulla vita futura del feto, segnando
determinati atteggiamenti comportamentali.
Per tale motivo nelle culture orientali, come ad
esempio quella cinese, era usanza far passeggiare la futura madre in luoghi
chiamati “Centri della tranquillità”, situati sulle rive di un fiume, dai quali
erano banditi in modo rigoroso i rumori sgradevoli, allo scopo di indurre
sensazioni di pace.
La musica è l'impronta dell’universo. Tutto è fatto
di vibrazioni, dentro e fuori di noi. Dunque, si possono avere ottimi benefici,
nel corpo, nella mente e spirito, ascoltando e producendo suoni. Inoltre la
musica è un linguaggio vibrazionale compreso da tutti gli esseri umani ed i
suoi messaggi viaggiano ben oltre il tempo, le razze, le culture.
Quando si pensa alla musica, molto spesso, si è
portati a pensare a quella prodotta dagli strumenti musicali.
In realtà tutta la natura è una sinfonia di suoni:
dal vento che scuote gli alberi, alle onde che si infrangono sulle scogli, ai
messaggi tra gli animali, alla voce umana.
Ogni corpo presente dell'universo emette vibrazioni
che producono, a loro volta, dei suoni.
L’essere umano ha bisogno di suoni per usare
l’apparato vocale, attraverso il quale potersi esprimere e parlare.
Per noi, ascoltare e produrre suoni è uno dei modi
che permette di caricarci di energia.
I suoni musicali sono costituiti da vibrazioni, ed
alcune di esse agiscono nell’uomo in vario modo ed in diverse zone. Pare che
questo sia il motivo per cui si ami o, al contrario, ci risulti sgradevole un
certo tipo di musica.
E, anche se il nostro orecchio ne percepisce solo
una parte, non di meno anche le altre risultano efficaci dal punto di vista
terapeutico. Ad esempio uno dei metodi terapeutici basilari consiste nell’ascolto
del suono dell’acqua, molto ricco di armonici.
Il suono influisce sulla nostra sensibilità, le
nostre emozioni, la nostra affettività, i nostri stati d’animo. Questo in
quanto il corpo umano possiede una sua frequenza di vibrazione.
Ciò fa supporre che la musica ed il rumore di fondo nell’ambiente possono esercitare un effetto
negativo o positivo sulla struttura cellulare umana.
Il fisico Joel
Sternheimer ha scoperto, tra l’altro, che ad ogni molecola del corpo
umano corrisponde una specifica melodia.
Egli afferma che ogni molecola del nostro corpo può
essere rivitalizzata attraverso la risonanza ottenuta dalla sua specifica
melodia. Ad esempio, pare che le musiche di Beethoven siano costituite da
melodie che attivano le molecole renali, polmonari ed epatiche.
Non solo i neonati e l’uomo amano la musica, ma
anche gli stessi animali e piante la apprezzano e alcuni affermano anche che
queste ultime “cantino” (proprio come “cantano” i pianeti e il DNA).
Furono gli esperimenti
del sopra citato Joel Sternheimer ad individuare quelle precise sequenze sonore
che aiutano e stimolano la crescita delle piante. Il sistema musicale studiato
da Sternheimer prevede la presenza di note, che individualmente interagiscono
con un dato aminoacido di una proteina, mentre la sequenza completa corrisponde
alla proteina intera. In tal modo la melodia creata attraverso una sequenza di
suoni che interagiscono con la struttura biologica di una pianta, si armonizza
perfettamente con questa ultima, producendo effetti positivi su di essa. Ad
esempio, frequenze “armonizzate” con la pianta stimolano all’interno
dell’organismo vegetale la produzione di proteine positive, mentre frequenze “non-armonizzate” ne inibiscono la
produzione, compromettendo una buona crescita.
È all’Università di
Firenze il centro italiano d’eccellenza per la nuova scienza di neurologia vegetale.
I ricercatori, circa una
decina tra italiani, tedeschi e slovacchi, sono guidati da Stefano Mancuso,
Professore associato presso il Dipartimento di Ortoflorofrutticultura
dell’Università di Firenze. Lo scienziato, che da tempo indaga il regno
vegetale convinto com’è che tale sistema sia regolato da un centro di comando
che riflette in larga misura l’attività del cervello umano, ci svela come,
studiando le radici, assieme al collega dell’università di Bonn, si sono
accorti che una piccolissima regione, circa
Cleve Backster, un tecnico della Cia, costruiva i
"lie detector", ossia le macchine della verità.
Una sera del 1966 decise di applicare tale
apparecchio ad una pianta. Da ciò notò con sorpresa che il tracciato era simile
a quello di un essere umano. Questa scoperta lo portò ad effettuare diversi
esperimenti sul pensiero telepatico
delle piante e sulla loro forma di intelligenza,
esperimenti che a lungo andare portarono alla scoperta di una musica che
fluisce vivida all’interno di qualsiasi essere vegetale.
L'apparecchio per
Il risultato finale consiste nel poter udire ciò
che normalmente non siamo in grado di vedere né tanto meno di percepire: il
movimento vitale di una pianta, le sue reazioni, il suo campo energetico.
Volendo tentare un’analisi musicale del modo di
esprimersi in suoni delle piante, si è giunti alla conclusione che esse
utilizzano scale arcaiche. Tali scale si rifanno alla modalità greca antica e
sono formate da una successione di 4 suoni discendenti (tetracordi) compresi
nell’intervallo di una “quarta giusta”. E’ dall’unione di più tetracordi che
nascono le armonie musicali composte dalle piante.
E' anche stato sperimentato che ciascun albero ha
una propria "voce" che cambia con il variare delle stagioni,
dell'ora, della giornata, dell'età e della specie.
Le piante hanno un vero e proprio periodo di
apprendimento, nel quale imparano a conoscere e interagire con
l’apparecchiatura, con gli stimoli esterni e con l'operatore. Le piante che non
hanno mai suonato normalmente passano i primi minuti di collegamento
sperimentando l'ampiezza melodica, percorrendo scale ascendenti e discendenti
per poi scegliere una loro particolare ampiezza armonica ed un proprio
carattere melodico.
È possibile avvertire, percepire, sentire un suono
laddove esso non esista effettivamente come musica?
Questa può essere la tecnica utilizzata dalle
persone non udenti: trasformare ciò che vedono in suoni e musica. Il loro
silenzio, se vi si pensa, non è fatto solo da vuoti, ma da pieni. Essi riescono
ad udire musica e rumori anche dove essi, in un certo modo, non esistono.
A questo proposito mi viene in mente l’esperimento ZEROVOLUME,
effettuato dalla banda musicale dei Subsonica, in collaborazione con i
Bluvertigo, che consisteva nel trasmettere immagini ritmate e vibrazioni
percettibili dai sordomuti, combinate ad una coreografia del linguaggio dei
segni. Un brano musicale elaborato per persone non udenti, ma fruibile a tutti.
Un brano musicale che non è espressamente fatto da
musica, ma che riesce, nonostante tutto, a trasmetterla, a farla udire.
Così, come un cieco può immaginare paesaggi
ascoltando una canzone, un sordo potrà ascoltare
una melodia attraverso video.
Un particolare portatore di riflessione può essere
il caso del compositore Beethoven, il quale, nonostante la sua sordità riusciva
comunque a scrivere musica e dirigere un’orchestra. Questo proprio perché i non
udenti, proprio per la mancanza del senso dell’udito, sviluppano una particolare
capacità che risiede nel captare le vibrazioni dei suoni attraverso le ossa
stesse della scatola cranica.
Il primo tentativo di musica colorata fu eseguito tra il 1725 e il 1735 da Louis-Bertrand
Castel, che presentò il Clavicembalo oculare, uno strumento che permetteva di
dipingere i suoni con colori ad essi corrisposti, in maniera che anche un sordo
potesse giudicare la bellezza di un suono attraverso i colori e un cieco potesse
giudicare i colori attraverso i suoni.
Lo strumento doveva funzionare come un clavicembalo
tradizionale, a differenza del quale per ogni nota veniva associato un colore,
secondo gli studi personali del signor Castel. Un colore che si mostrava ogni
qual volta si fosse pigiato il tasto della nota corrispondente.
Il punto di partenza che ispirò un tale lavoro fu
un’opera scientifica che uscì in quel tempo: l’Ottica di Newton (1704).
Come Catsel, tante altre personalità brevettarono
macchine tonali, e tante altre tentarono lo studio di un collegamento tra
musica e colori.
Un esempio a tal proposito fu il compositore russo
Skrjabin, il quale, con il poema sinfonico Prometeo (rimasto incompleto), tentò
di ricollegare la musica con sensazioni sia visive, che olfattive, gustative
ecc… A ciascun colore, in particolare, era attribuita una specifica valenza etica
(ad esempio: il rosso corrispondeva alla volontà umana ecc…).
I compositori non furono gli unici, però, ad
occuparsi di tale equivalenza.
In campi diversi si possono ricordare, per tutti,
il pittore Vasilij Kandinskij e lo scultore Fausto Melotti.
1. Vasilij Kandinskij (1866-1944)
<<Risulta che la migliore insegnante sia la musica, l’arte che non
si è dedicata alla riproduzione dei fenomeni naturali, ma alla espressione
dell’animo dell’artista e alla creazione di una vita autonoma attraverso i
suoni musicali>> (Dello
spirituale nell’arte, 1911).
Secondo Hugo Ball, <<Kandinskij fu il primo a scoprire e ad impiegare l’espressione più
astratta del suono nel linguaggio delle vocali e delle consonanti armonizzate.
Egli è il primo a presentare dei processi esclusivamente spirituali. Con i
mezzi più semplici egli crea il movimento, la crescita, il colore, e la
tonalità […]>>
Attraverso l’amicizia con Wagner la sua sensibilità
artistica venne sollecitata, portandolo così, gradualmente ad esercitare una
pittura simile ad una composizione musicale, una sinfonia di colori.
Le componenti fondamentali della sua estetica,
dunque, sono il rapporto sintetico suono-colore e, soprattutto l’idea di
un’arte totale, che coinvolga ogni forma di arte.
Egli tenta di ricercare, così, un linguaggio più
spirituale che rappresenti l’unione tra musica e pittura. Lo scopo della sua
arte sarà fondamentalmente <<Rendere visibile l’invisibile>>, trasformare
i prodotti della mente in prodotti materiali attraverso la pittura.
Verso la fine della prima decade del 1900
Kandinskij dipinse il suo primo acquerello astratto, iniziando da allora ad
intitolare le tele attraverso nomi che richiamavano il linguaggio musicale, come
ad esempio “composizione”, “impressioni” (legate ad una esperienza diretta
della “natura esteriore”), o
“improvvisazione” (scaturiti da un “evento
di carattere interiore”), ecc… Esse rappresenteranno la prima tappa verso
l’evoluzione della forma libera.
In particolare Kandinskij tende ad identificare il
manifestarsi dell’esperienza artistica con la “creazione del mondo”: <<Il
dipingere è uno scontro tempestoso di mondi diversi, che in questa battaglia si
definiscono reciprocamente per creare un mondo nuovo, che è l’opera. Ogni opera
nasce così, come nasce il Cosmo, attraverso le catastrofi che dal caotico
frastuono degli strumenti vanno a formare una Sinfonia,
Un avvenimento centrale per quanto riguarda
l’attenzione dell’artista verso la musica è rappresentato dalla pubblicazione
del famoso almanacco Der blaue Reiter
(Il Cavaliere azzurro), che egli
compilò nel 1912, con il quale volle dimostrare che il problema dell’arte non è
un problema delle forme, ma un problema del contenuto spirituale.
Di essenziale importanza, inoltre, fu il rapporto
che intraprese con il compositore russo (sopraccitato) Skrjabin, per il quale
trascrisse la partitura di due pianoforti dell’opera Prometeo.
L’artista, il quale da tempo si interessava degli
stessi problemi cari al compositore, fu colpito in particolare dagli studi di
quest’ultimo a proposito della luce e dalla tabella di corrispondenze
suono-colore utilizzata, per l’appunto, nel Prometeo.
Tale lavoro associava i colori a determinati timbri
strumentali, lavoro che svolse anche Kandinskij ne “Il linguaggio dei colori” (incluso in “Dello Spirituale nell’arte”), associando il verde al suono del
violino, l’azzurro al flauto, il giallo alla tromba, il rosso agli ottoni e in
particolare alla tuba, e così via.
(Si riportano qui di seguito le associazioni
suono-colore utilizzate da Skrjabin nel Prometeo)
|
Skrjabin (accordo di Prometeo) |
Do |
rosso
|
Sol |
rosa-arancione
|
Re |
giallo
|
La |
verde
|
Mi |
bianco
azzurro (blu luna) |
Si |
bianco
azzurro (blu luna) |
Fa# |
blu
vivo |
Do# |
viola
|
La b |
viola
porpora |
Mi b |
grigio
acciaio (colore metallico) |
Si b |
grigio
acciaio (colore metallico) |
Fa |
rosso-bruno
|
Kandinskij era in grado di percepire sensazioni
uditive in accordo con determinati colori. In un significativo passo di “Dello spirituale nell’arte” si legge:
<<Negli esseri umani più evoluti, le vie che conducono all’anima sono
così dirette, e le impressioni psichiche raggiungibili così rapidamente che
un’azione che si eserciti attraverso un senso arriva direttamente all’anima, facendo
vibrare per simpatia le vie corrispondenti che vanno dall’anima agli altri
organi sensoriali. Si potrebbe paragonare questo fenomeno ad una sorta di eco o
di risonanza quale si ha in determinati strumenti musicali quando, senza essere
toccati, entrano in risonanza con un altro strumento, suonato invece
direttamente […]. È chiaro pertanto che l’armonia dei colori deve fondarsi solo
sul principio della giusta stimolazione dell’anima umana>>.
Operando con questi presupposti, Kandinskij in Dello
Spirituale nell’arte ha collegato i colori non solo con i suoni, ma anche
con i sensi, i pensieri, le azioni, i temperamenti, organizzandoli in modo
corrispondente al loro grado di intensità, in un circolo i cui poli opposti
rappresentano la vita tra la nascita e la morte:
Colore |
Effetto-umore |
Equivalente strumentale |
Nero |
eterno silenzio, |
il colore più povero di
suono, |
Grigio |
immobile, senza speranza, |
nessuno |
Marrone |
Inibizione |
nessuno |
Verde |
apatia, pace; riposante
e calmo, |
suoni di |
Viola |
sensuale, smorzato, triste |
corno inglese,
chiarina, |
Blu |
generalmente: di colore
celestiale tipicamente concentrico (cfr.giallo= |
violoncello, mentre la
tristezza aumenta |
Blu scuro |
pace, tristezza non
umana |
i meravigliosi suoni
del contrabbasso, in forma |
Azzurro |
diventando più chiaro |
flauto |
Rosso freddo, profondo |
un’attesa energica,
come qualcosa che giace in attesa, pronto a fare un balzo selvaggio |
suoni centrali e
profondi del cello, evocanti, un elemento di passione |
Rosso freddo, chiaro |
giovane, pura gioia;
libertà; la fresca, pura immagine di una ragazza |
più acuti; suoni chiari
e melodiosi di violino o "piccole campane" |
Vermiglio |
come
una passione che scorre continua, una forza |
tuba; tamburo profondo |
Rosso caldo, chiaro |
effetto entusiasmante
che può giungere al punto di dolore; |
ottoni, fanfare suoni
forti, ostinati |
Arancione |
come un uomo convinto
della propria forza; una sensazione sana |
campane di chiesa medie
che suonano all’Angelus; voce |
Giallo |
tipico colore
terrestre; eccentrico e senza spessore; inquieto,eccitante; influenza
fortemente l’umore.Toni più leggeri possono raggiungere una forza e altezza
insopportabili all’occhio e alla mente. Può rappresentare la pazzia nel
colore. |
ottoni; mentre il
giallo diventa piu`chiaro, suona come le note acute di una tromba sempre più
forte, o come una fanfara in crescendo |
Bianco |
silenzio; non di morte,
ma ricco di possibilità. |
un
silenzio che può improvvisamente venire |
Secondo Kandinskij l’opera d’arte si deve
manifestare spontaneamente all’artista, il cui compito consiste solamente nel
renderla il più fedele possibile alla propria visione. Da ciò se ne deduce
l’idea di un’opera d’arte che, per essere tale, deve necessariamente svolgersi
su un piano cosciente superiore, estatico.
La danza, in particolare, apparve subito come
sintesi fra suono e colore. Essa era considerata come “scultura in movimento”.
Per tale motivo il teatro avrebbe potuto
rappresentare un ottimo luogo di sperimentazione per i primi tipi di arte
totale. A tal proposito scrisse anche composizioni sceniche come “Il suono giallo”.
Concludendo, in nessun altro pittore del nostro
secolo si è manifestato con tanta evidenza l’influsso della musica, quanto in
Kandinskij. Questo influsso si è espresso in diverse
circostanze e nelle forme più varie, in
particolare:
-
Nell’ affinità dell’esperienza artistica del
pittore con quella di alcuni compositori suoi contemporanei come Skrjabin e
nella costante collaborazione con altri musicisti
-
Nella capacità di esprimere visivamente i suoni
attraverso l’esperienza della ’sinestesia’, la facoltà sensoriale che consente
di percepire i colori espressi musicalmente in suoni e viceversa.
-
Nella creazione di composizioni pittoriche e
sceniche basate su principi derivati dalla tecnica della composizione musicale.
-
Nell’ elaborazione di una teoria artistica che,
partendo dall’analogia fra il suono e il colore giungesse ad un’opera d’arte
sintetica, fondata su tutte le arti.
2. Fausto Melotti (1901-1986)
Molte opere di Fausto Melotti sono ispirate alla
musica e allo spirito della sonorità:
<<Con Melotti il gioco delle metafore si allarga e non solo viene
posta in campo l’architettura, ma la musica. Musica vorrà dire esecuzione
ritmica ed armonica che si dilata nello spazio, appunto vibrazione, di cui
filamenti, forme, ramificazioni del metallo o dei gessi sono l’eco o il risvolto
figurativo che si prolunga oltre il limite definito degli oggetti prescelti. La
scultura assume il ruolo sfuggente e sorprendente […] di una cassa di risonanza
di rimandi plastici, accennati e abbandonati come arpeggi o improvvise presenze
emblematiche>>. (Paolo Fossati).
La sua è una scultura fatta di elementi lineari e
geometrici dai quali è esclusa ogni modellazione, in favore di un’assoluta
purezza formale.
Ma è dal 1970 che il Melotti liberò la sua vena
poetica attraverso l’utilizzo di fili di rame, trasparenti retine metalliche,
mobili stracci di garza e titoli significanti, impostando il suo lavoro, non
più sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto.
Le sue creazioni sono <<un gioco che quando riesce è poesia>>, afferma lo stesso
Melotti.
E ancora: <<È la musica a guidare la
scultura>>, colei che fa giungere l’artista ad una sorta di “astrazione
musicale”.
Conosonanze
– Fausto Melotti
In conclusione, da quanto sopra esposto, nasce il
convincimento che tutto ciò che esiste, che è stato creato nel mondo e
nell’universo tutto, si regge, si muove e “vive”
seguendo (necessariamente) un certo ritmo. Questo ritmo può tradursi in
vibrazione, suono, musica.
Ogni cosa, per vivere, ha bisogno di scandire il ritmo
della propria esistenza, sia esso animato o inanimato, organico o inorganico.
Il fatto di esistere, dunque, non comporta
immobilità, bensì movimento continuo ed armonico.
La musica è la struttura della realtà esistente,
l’unica cosa che ci potrebbe permettere di indagare gli aspetti più nascosti e
profondi della Natura (come ipotizzò Pitagora). Non solo, essa può essere vista
come il tanto atteso e ricercato noumeno
di Kant, quella cosa in sé che nessuno di noi riesce a percepire (il più delle
volte) attraverso i sensi, ma solo mediante l’intuizione.
Credo che questo sia un particolare basilare
dell’esistenza.
Proviamo a pensare ad un mondo senza ritmo (si
potrebbe quasi dire senza tempo), senza l’alternarsi delle stagioni, della
notte e del giorno, della fame e della sazietà, del riso e del pianto. Se non
esistesse questo alternarsi di situazioni, il mondo probabilmente non
esisterebbe, non sopravvivrebbe.
Il ritmo è un qualcosa che da senso e tempo alle cose, alle azioni, alle
emozioni.
Per questo è universale e da tutti (e tutto)
compreso, perché da tutti (e tutto) è posseduto, è intrinseco, è quasi
–azzarderei- necessario per il realizzarsi di tutte le cose, per mantenere
l’ordine e non sfociare nel caos incontrollato.
In particolare, noi tutti sappiamo che le
vibrazioni emesse dal suono possono viaggiare solo attraverso un mezzo
(materia) e solo con una temperatura superiore allo zero assoluto (assenza di
materia e di vita). Questo porterebbe a pensare che la musica esista solo
laddove esiste la materialità e la “vita”.
Possiamo dunque concludere che la musica è ovunque
si guardi (dalla terra alle stelle) e fa parte della vita ed è sinonimo stesso
di vita.
È per questo che essa rappresenta, in qualche modo,
la sintesi delle arti e viene considerata da molti come colei che può elevare
gli animi all’Assoluto.
La musica fa parte di noi, di questo mondo, di
questa realtà, non limitandosi al gradevole ascolto di un brano, ma
estendendosi fino nel profondo della nostra anima e dei nostri atomi.
È proprio per questo che la musica è tanto
significativa: essa, esprimendosi a cavallo tra il sentimento e la legge
fisica, riesce a rapirci e a guidarci nell’ascesa verso il divino, la conoscenza
e la scoperta del significato profondo della Vita.
Solo rimanendo in ascolto della Musica della Natura
si può, quindi, riscoprire la vera Natura della Musica, una natura che oscilla
tra forza creatrice e conseguenza del creato, una natura che ognuno di noi è
invitato a ricercare.
Indice
Introduzione……………………………………………………pag 2
Il rapporto Matematica-Musica…………………………………..pag 3
Mitologia e
misticismo della musica attraverso le civiltà antiche
1. La tradizione indiana
2. La tradizione egiziana
3. Platone
1. Vasilij Kandinskij
2. Fausto Melotti